Il Consiglio federale, solitamente genuflesso a Bruxelles, nei mesi scorsi ha preso una delle poche decisioni sensate che negli ultimi anni si ricordino in materia di rapporti con l’UE: quella di chiudere formalmente le trattative sullo sconcio accordo quadro istituzionale. Un passo compiuto non certo per convinzione, ma dopo essersi resi conto che non c’erano chance di ottenere un’approvazione in sede popolare. L’accordo quadro avrebbe infatti imposto alla Svizzera la ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE ed i giudici stranieri (della Corte europea di giustizia). Non avrebbe quindi comportato il proseguimento della magnificata via bilaterale. Al contrario, ne avrebbe sancito la rottamazione, ed il conseguente passaggio alla via della sudditanza.
Davanti all’inaspettato rifiuto elvetico – di solito, per il Consiglio federale, ogni desiderio dei burocrati di Bruxelles diventa subito legge - è ben presto sopraggiunta la meschina ritorsione: ovvero l’esclusione della Svizzera, e quindi dei ricercatori svizzeri, dal programma Horizon. La Confederazione viene ora considerata un Paese terzo non associato. Addirittura, attorno a fine luglio, Bruxelles ha scritto ai ricercatori elvetici affermando che, se vogliono partecipare ai programmi UE, devono trasferirsi presso università europee. Invito ridicolo ed ulteriore dimostrazione di basso sciacallaggio.
Inutile dire, ma era scontato, che l’esclusione della Svizzera da Horizon è poi stata strumentalizzata dagli euroturbo (a cominciare proprio dalla casta dei professori universitari) per prospettare ai cittadini scenari apocalittici nel caso in cui le autorità federali non si fossero adoperate – naturalmente facendo largo uso di soldi dei contribuenti – a placare le ire (?) dei balivi di Bruxelles.
Bisogna tuttavia ricordare che la misura di ritorsione non ha, di per sé, sorpreso nessuno. Era stata messa ampiamente in conto. Una cosa simile era già accaduta con i programmi Erasmus dopo la votazione popolare sull’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”. Con quella mossa, e con l’artificiosa discussione che ne seguì in Svizzera, si tentava di aizzare gli studenti universitari contro l’esito del voto popolare. Ma già allora l’iniziativa fu un buco nell’acqua. Del resto il costo dell’adesione elvetica ai programmi Erasmus è stratosferico, mentre non si può certo dire la stessa cosa sul numero dei partecipanti.
Il parlamento federale ha da tempo stanziato i crediti necessari a compensare la mancata associazione della Svizzera ad Horizon (da notare che fino al 2016 l’associazione del nostro paese era comunque parziale; quella a pieno titolo è arrivata solo nel 2017). Inoltre, a maggior ragione dopo la Brexit, le migliori università del mondo non si trovano nell’UE, bensì al di fuori da essa.
L’estromissione della Svizzera da Horizon è ben lungi dall’essere una tragedia. Non deve certo dare adito ad atti inconsulti. In nessun caso deve diventare il pretesto per dare spago agli euroturbo. Costoro non hanno digerito la fine dell’accordo quadro e stanno quindi facendo di tutto e di più per resuscitarlo sotto altre forme.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi