Un contributo di Marco Chiesa, Consigliere nazionale UDC –
Una democrazia diretta fatta a brandelli. Questo è la risposta spontanea. Due Costituzioni democraticamente votate ma rimaste inapplicate e un Sovrano, il Popolo, sempre più sconcertato dall'arbitrio del Parlamento. Ho sempre creduto che nel nostro Paese, come nel nostro Cantone, il potere fosse detenuto dai cittadini. Ora é legittimo avere dei seri dubbi. Anzi è lecito pensare che vi sia in atto una sorta di stravolgimento dell’ordine costituito.
Le decisioni che piacciono alle élite parlamentari, partitiche e associative sono applicate, quelle che non piacciono sono sistematicamente sabotate. Una democrazia diretta messa sotto tutela dunque. E pensare che la maggioranza dei cittadini e dei Cantoni aveva espresso chiaramente la sua scelta in merito alla gestione dell’immigrazione già il 9 febbraio 2014. E pensare che lo stesso Consiglio federale, contrariamente a quanto ripetuto in malafede dai favorevoli alla libera circolazione, aveva messo nero su bianco quali sarebbero state le conseguenze dell’accettazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Un’iniziativa dunque cristallina non per voce di parte, la mia, ma per stessa ammissione della Presidente del Consiglio federale Eveline Widmer-Schlumpf, connivente politica della sinistra, del PPD e dei Liberali che le hanno offerto la possibilità di disarcionare Blocher dall'esecutivo federale.
“Gli accordi internazionali contrari alle disposizioni dell’iniziativa possono continuare a essere applicati per tre anni. Se non sarà possibile rinegoziarli e adeguarli entro questo termine, la loro ulteriore applicazione è vietata”. E ancora “al massimo allo scadere di tre anni, qualora entro tale termine non si riuscisse a rinegoziare l’Accordo in conformità dell’iniziativa, la libera circolazione dovrebbe essere denunciata.”
Ma le amnesie e i sotterfugi attorno a questo tema sono talmente tanti che anche i Pinocchi nostrani hanno perso di vista la verità, oppure semplicemente non vogliono e non vorranno mai vederla. Che resta dunque di “prima i nostri”, la versione canton-ticinese del 9 febbraio, dopo il colpo di mano del parlamento rossoblu? In primo luogo una Costituzione paragonabile a poco più di una lettere morta, e questo per scelta parlamentare. Una continua e inutile discussione sul diritto superiore, giusto per ricordare al Popolo che non comanda più lui in questo Paese, delle immense cortine fumogene volte a gabbare la democrazia diretta degli svizzeri e, sopratutto, a non irritare il vicino europeo. Un vicino che nel nel frattempo dimostra tutto il suo affetto nei nostri confronti inserendo il nostro Paese nella lista fiscale grigia, riconoscendo solo per un anno la borsa svizzera e reclamando per se stesso, senza vergogna e senza alcuna compensazione, 1,3 miliardi di franchi.
Di che perdere la fiducia relativamente a come siamo capaci di tutelare e difendere i nostri interessi. Perché dovrei ancora votare se le decisioni non vengono mai applicate? Questa è un’altra domanda che mi sono sentito rivolgere più volte in questi giorni. Domanda certamente legittima alla quale è difficile rispondere visto che la delusione e la frustrazione del cittadino è anche la mia. Se poi penso ai recenti dati statistici, alla nuova impennata dei lavoratori frontalieri e al fatto che nel nostro Cantone, per la prima volta nella sua storia, il lavoratori stranieri hanno superato i lavoratori residenti, il morale non migliora certo. Resta tuttavia la ferma volontà di non mollare, la nuova iniziativa federale dell’UDC ne è una dimostrazione lampante. Resta la consapevolezza che regolare il flusso migratorio nel nostro Paese e garantire la preferenza ai residenti sul mercato del lavoro, ai nostri figli in buona sostanza, è una cosa giusta e perfettamente applicabile. Resta il fatto che il Popolo alle prossime elezioni potrà ancora scegliere i suoi politici e con esso la speranza che chi rispetta la nostra Costituzione e le decisioni del Sovrano possa finalmente rappresentare la maggioranza nei nostri parlamenti. Fino ad oggi non ne è il caso a Berna come a Bellinzona.